EDITORIALE: CONTRABBANDIERI, BANCHIERI, TRAFFICANTI DI MORTE: STORIA DEI PARADISI FISCALI
La storia dei Paradisi Fiscali inizia nella seconda metà del 19° secolo con la decisione del Principato di Monaco di permettere l’esercizio di un casinò – un’attività proibita in Francia. Da questa scelta è nato un intero sistema bancario e finanziario, in grado di offrire servizi illegali altrove, ma in franchi francesi – una divisa forte ed accettata in tutto il mondo. Poi è arrivata la grande crisi bancaria tedesca, e con essa la corsa a nascondere i patrimoni privati delle famiglie più ricche in banche estere, con il commercio internazionale degli effetti (ovvero dei titoli di borsa), trasportati in valigie simili a quelle dei contrabbandieri che, in molte aree europee con dazi importanti sulle merci, portano cibo a spalla d’asino attraverso pericolose e lunghe marce sulle montagne o sui mari.
Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale fioriscono decina di Porti Franchi: nascono a causa delle difficoltà di rifornimento delle materie prime ai belligeranti, ed alla necessità di rendere segreti i compratori (per evitare di incappare in qualche blocco navale, come quello inglese che impedirà alla Germania di acquistare il salnitro cileno, che era alla base della fabbricazione di pallottole dell’industria tedesca. La Svizzera diventa lo snodo della maggior parte delle transazioni segrete – talmente segrete da rendere possibili anche transazioni tra Stati in guerra tra loro, come testimoniano le ricostruzioni storiche che, negli ultimi anni del 20° secolo, descrivono l’esistenza di parti meccaniche inglesi nelle armi tedesche.
Finita la guerra arriva la Grande Recessione, e con essa la necessità, da parte delle grandi aziende e delle grandi famiglie capitaliste, di evitare, per quanto possibile, il pagamento dei dazi doganali e delle tasse di proprietà. Un economista tedesco, Robert Liefmann, tra il 1924 ed il 1938 descrive questo nuovo mondo nascente, e insegna alle prime multinazionali, ma anche ai piccoli paesi contadini, come il Liechtenstein ed il Lussemburgo, che con l’introduzione di leggi che garantiscono la segretezza possono ottenere risultati persino migliori di quelli delle banche svizzere.
Durante la Seconda Guerra Mondiale il rapporto tra Stati belligeranti e paradisi fiscali si capovolge: ora sono le piccole giurisdizioni con leggi speciali a presentarsi ai capi politici e militari e ad offrire loro i propri servizi. Il Regno Unito lo fa in grande stile: può contare sulle sei zone offshore dell’Isola di Man, Jersey, Gibilterra, Guernsey, Hong-Kong, e delle Isole Vergini. Dopo la fine della guerra, il business dell’evasione fiscale diventa un sistema praticamente accettato da tutto il mondo, visto che tutte le nazioni più industrializzate hanno il controllo di almeno una giurisdizione offshore. Ma i Paradisi Fiscali servono ora anche al traffico d’armi, di droga, di schiavi, qualunque cosa sia ufficialmente proibita nelle grandi nazioni – ma sia utilizzata dalle stesse nazioni per le guerre diplomatiche o coloniali.
Alla fine del 20° secolo, con l’esplosione dei gruppi terroristici militari, la comunità internazionale ha cambiato atteggiamento. Oggi, più che frenare l’evasione ed il commercio illegale, è importante controllarne il flusso. Le leggi nazionali cambiano, ed i Paradisi Fiscali diventano in gran parte obsoleti: ce ne sono troppi, sono insicuri, sono estremamente costosi, e vengono comunque scardinati dalle inchieste di polizia. Negli ultimi vent’anni, per questo motivo, il sistema dei Paradisi Fiscali è profondamente cambiato. È arrivato il momento di spiegare come – e di osservare come i pochi posti che ancora funzionano siano riusciti a sopravvivere alla fine ella Guerra Fredda ed all’inizio delle nuove guerre di religione.