C’è un paradiso fiscale che, in realtà, non ha bisogno dei soldi dell’evasione fiscale, perché è comunque tra i più ricchi del mondo. Gli Emirati Arabi Uniti hanno costituito decine di aree al di fuori della legge, e con queste guadagnano cifre impressionanti, ma le usano per trasformare il paese: con un settore edilizio unico al mondo, con l’installazione di infrastrutture fantascientifiche, con la desalinizzazione dell’acqua di mare per trasformare il deserto in aree coltivabili, ma soprattutto per acquisire potere – un potere che deve essere assoluto, come la locale monarchia, che non conosce altra legge se non l’egoismo dei suoi capi, per i quali la vita umana vale meno di zero. Ciò che conta davvero sono le armi ed i sistemi di sicurezza ed attacco cibernetico, le armate di mercenari e gli squadroni della morte internazionali. Una bomba a tempo, che rischia di esplodere da un momento all’altro, e che cresce grazie al cinismo ed alla cecità dei governi Occidentali, che sono alleati di questo piccolo terrificante paese del Medio Oriente.
Quando si parla di Emirati Arabi la mente vola a Dubai. E non potrebbe essere altrimenti: è un luogo incredibile, lo specchio di mondi immaginari futuri. È la Disneyland del consumismo, ed ogni edificio è realizzato per stupire: Burj Khalifa, con i suoi 829,80 metri, è il grattacielo più alto del mondo, ma anche una pista da sci al coperto, con tanto di neve, mentre all’esterno la rovente temperatura raggiunge i 45°C. Per non dimenticare le folli isole artificiali di Palm Jumeirah, Palm Jebel Ali e Palm Deira, emblematica testimonianza di come il capitalismo possa sfidare le leggi della fisica – e distruggere indisturbatamente vasti quanto delicati ecosistemi[1].
Sfarzo e modernità riempiono ogni angolo, edifici sfavillanti si incastrano tra mirabolanti strutture dall’incomprensibile funzionalità: una prepotente, sfacciata esaltazione della ricchezza. Poco importa se, per realizzare tutto questo, si è fatto ed ancora si fa uso di schiavi: un esercito di poveracci provenienti da India, Pakistan, Bangladesh, Nepal, Sri Lanka, Indonesia, Etiopia, Eritrea, Cina, Thailandia, Corea, Afghanistan, Iran e Filippine[2]. A loro viene sequestrato il passaporto e negato il salario (non di rado per anni[3]), vivono in campi-dormitorio realizzati con container impilati uno sull’altro, in immense baraccopoli senza rete fognaria ed acqua potabile; dormono in sei in uno spazio di due metri per quattro, pronti per andare tutti i giorni al lavoro per lunghe ore in un caldo terribile, dove la morte è compagna quotidiana[4].
Un orribile contrasto con l’ostentazione, generata non soltanto dall’industria petrolifera, ma dalla finanza globale: banche, high-tech, commercio e turismo, ed un fiorente mercato immobiliare per una popolazione che cresce man mano che i ricchi europei ed americani scelgono gli Emirati come rifugio per i loro patrimoni – oligarchi russi, banchieri taiwanesi, commercianti libanesi e investitori iraniani, tutti ospiti ben accolti da un padrone di casa che non chiede loro nessun documento d’identificazione – solo il conto in banca. Nelle strade di questa megalopoli si consumano gli affari di uno dei più imponenti paradisi fiscali e crocevia del riciclaggio del denaro sporco del pianeta. Un paese guidato da un sovrano che è anche il principale imprenditore – e quindi riunisce il potere politico, religioso ed economico nelle mani di una sola famiglia.
Da pirati di perle a potenti finanzieri
I leader degli Emirati del Golfo si incontrano nel 1968[5]
La federazione degli Emirati Arabi Uniti copre un’area di 83’600 km² (quanto l’Austria) e l’Emirato di Abu Dhabi, con i suoi 67’000 km², occupa l’86,7% della superficie del Paese, coperto in gran parte da un arido deserto sabbioso che confina con l’Arabia Saudita, col Qatar e con l’Oman. Abitata da secoli da un popolo di marinai e cacciatori di perle, si converte all’Islam nel VII secolo, ed il suo clan dei Carmati fonda uno sceiccato tanto potente da conquistare la Mecca – per poi iniziare un rapido declino, che porta le tribù locali a sopravvivere grazie alla pirateria[6], in un’anarchia interrotta dall’esercito inglese, che sbarca qui nel 1820 ed impone la pace ai clan nel 1853[7].
La costa, un tempo nominata Costa dei Pirati, cambia il suo nome in Trucial Oman, che è nominalmente un protettorato inglese, anche se l’esercito di Sua Maestà non ha molto interesse per quell’area, e si ritira definitivamente nel 1971, spianando la strada alla Federazione degli Emirati Arabi Uniti[8]. Lo sceicco Zayed bin Al Nahyan, che comanda ad Abu Dhabi, assieme allo sceicco Rashid Bin Saeed Al Maktoum di Dubai, sono i fautori dell’accordo tra i sei Emirati originari raggiunto il 2 dicembre del 1971. Il settimo emirato, Ra’s al-Khaimah, aderisce alla federazione l’anno successivo[9], mentre Qatar e Bahrain optano per una propria autonomia.
Dopo il primo dopoguerra vengono condotte, nelle aree di Abu Dhabi e Dubai, le prospezioni geologiche a caccia di petrolio – e trent’anni dopo, nel 1962, viene esportato il primo carico di greggio[10]. Inizia la vertiginosa ascesa economica dell’emirato: la rendita petrolifera è immane e modifica profondamente la morfologia del deserto – con la costruzione di ponti, strade, reti per l’approvvigionamento di luce ed acqua, un sistema di telecomunicazioni ed un aeroporto, Jebel Ali. L’intera federazione, che nel 1971 contava 279’000 abitanti al limite del nomadismo, si trasforma rapidamente in un vivace centro economico di oltre dieci milioni di abitanti[11].
L’espansione si basa sull’esportazione di petrolio: tra il 1940 ed il 1977 Dubai passa da 20’000 a 200’000 abitanti, poi quadruplicati in soli dieci anni – ed oggi ne conta quasi tre milioni[12]. Nel 1990, in pieno boom urbanistico, muore il sovrano di Dubai Rashid bin Sa’id Al Maktum e suo figlio, Maktum bin Rashid Al Maktum, occupa il suo posto. Il nuovo sceicco è il primo a porsi il problema di come mantenere la ricchezza il giorno che il petrolio dovesse esaurirsi: Abu Dhabi vanta riserve per oltre un secolo, mentre per Dubai le previsioni sono estremamente pessimistiche – si parla di pochissimo tempo a disposizione[13]. Ciò spinge lo sceicco a lanciare numerosi progetti ambiziosi nel campo del commercio, del turismo e dei servizi, sicché l’importanza del petrolio va scemando: se negli anni ’70 la percentuale del PIL legata agli idrocarburi è del 90%, nel 2013 si arriva al 28,2%[14].
Maktum bin Rashid attira l’attenzione mondiale con i suoi progetti faraonici, e allenta la morsa di una legge che vietava agli stranieri di acquistare immobili e che consente ora di acquistare proprietà in aree designate senza richiedere la residenza – una scelta che dà un’enorme accelerazione al mercato immobiliare a metà degli anni 2000, che oggi è il fulcro dell’economia di Dubai: soltanto nel 2021 vengono registrate ben 84’772 transazioni per un valore di 82 miliardi dollari, con il numero in crescita del 65% ed il valore del 71% rispetto all’anno precedente[15]. Nel 2004 nasce il Dubai International Financial Centre (DIFC), una zona economica speciale, ovvero un paradiso fiscale e doganale[16]: 110 ettari di hub finanziario per i mercati del Medio Oriente, Africa e Asia meridionale (MEASA) in cui oggi operano, ufficialmente[17], 25’600 professionisti e 2500 società – un paradiso tra i paradisi fiscali.
La crescita vertiginosa di Dubai tra il 1990 ed il 2015[18]
Per operare nel sistema bancario basta un permesso di soggiorno: si apre un conto corrente e si possono trasferire fondi senza restrizione e senza controllo. Alla dogana non è necessario dichiarare alcunché, e le banche che hanno aperto qui delle filiali (HSBC, Abbey National, ABN AmRo, Dresdner Bank, Barclays…) sono specializzate nel trasferire non solo denaro, ma qualsiasi merce – non importa se altrove è proibita[19]. Ecco spiegato l’aumento vertiginoso del numero di abitanti: arrivano frotte di ricchi con i loro affari occulti, e c’è bisogno di tantissimi lavoratori a basso costo (il 90% degli abitanti è costituito da lavoratori immigrati, la maggior parte dei quali proveniente da India, Pakistan e Bangladesh[20]. E con questa rapida espansione di Dubai, Abu Dhabi inizia a soffrire la concorrenza, tra gli sceicchi c’è cattivo sangue, gli Emirati rischiano l’implosione politica. La soluzione è simile a quella trovata duemila anni prima nella Roma monarchica: l’alternanza tra latini e gli etruschi diviene quella tra gli Al Nahyan e gli Al Maktoum[21].
Tutti gli uomini dello Sceicco
La mappa del potere negli Emirati Arabi Uniti[22]
Per spiegare l’organizzazione degli Emirati, visto che si tratta di una monarchia ereditaria, basta analizzare le cariche ricoperte dagli uomini più potenti di ciascuna famiglia, iniziando da Mohammed bin Rashid Al Maktoum, terzo figlio di Rashid bin Saeed Al Maktoum: 73 anni, Ministro della Difesa e Primo Ministro degli Emirati Arabi Uniti, dal 1995 principe ereditario di Dubai e, dalla morte di suo fratello, il 4 gennaio 2006, sovrano di Dubai. Noto per la sua vasta collezione di Maybach, Ferrari, Rolls Royce, Lamborghini e Mercedes[23], è il CEO di Emirates Airline & Group[24], una società controllata da The Emirates Group, di proprietà del governo di Dubai: la quarta compagnia più grande al mondo. È il proprietario del 99,67%[25] di Dubai Holding[26] che ha quattro unità operative principali: Jumeirah Group[27], TECOM Investments[28], Dubai Properties Group[29] ed Emirates International Telecommunications[30]: turismo, centri commerciali, edilizia e telecomunicazioni.
Nel 2020 acquista la società immobiliare Meraas, una delle più grandi del paese[31], ma non tutti gli affari vanno a buon fine: nel 2015 viene liquidata Dubai World[32], una holding che amministrava e gestiva la manutenzione di quasi cento proprietà del governo di Dubai. Tra queste il terminal marittimo DP World[33] (80% del capitale[34]), Dubai Maritime City[35] e la società immobiliare di lusso Nakheel Properties[36]. È fondatore e proprietario della Sheikh Maktoum Bin Mohammed Al Maktoum Investment Group (MIG)[37], una holding di investimenti, poi ha fondato la Mohammed bin Rashid Global Initiatives[38], una fondazione di beneficenza che coordina altre 33 fondazioni di beneficenza.
Nel 2005 fonda la Mohammed bin Rashid School of Government[39] (aka Dubai School of Government), poi la compagnia aerea low cost FlyDubai, e nel 1997 ha fondato la società di gestione alberghiera Sheikh Mohammed, che gestisce l’hotel di Dubai Burj Al Arab, ora parte della Dubai Holding. È il responsabile del progetto Palm Islands, di quello di Burj Khalifa (l’edificio più alto del mondo), e del Dubai Mall, il centro commerciale più grande del mondo[40].
Dal 1992 è l’orgoglioso proprietario delle scuderie Godolphin (Emirati Arabi Uniti, Inghilterra, Irlanda, Australia, Giappone e Stati Uniti), i cui cavalli hanno vinto oltre 6000 gare in tutto il mondo, di cui 315 prestigiose gare del Gruppo Uno. È anche il proprietario di Darley Stud[41], la più grande azienda di allevamento di purosangue da corsa. Possiede lo yacht Dubai, lungo 162 mt, il quarto più grande al mondo, e ciò nonostante, a partire dal 2008, nasconde una parte imprecisata del suo patrimonio all’estero, attraverso una rete coordinata dalla Axiom Ltd. Tortola (Isole Vergini), che a sua volta controlla la Tandem Investco Ltd. Tortola[42], la Tandem DirectorCo Ltd. Tortola e la Allied International Investments Ltd. Nassau (Bahamas)[43].
Ad Abu Dhabi comanda invece la famiglia Al Nahyan, a lungo guidata da Tahnoon bin Zayed Al Nahyan, consigliere per la sicurezza nazionale, l’uomo che gestisce la Emirates Defense Industries Co (EDIC), nata nel 2014 dopo la fusione di alcune società statali: Mubadala Development, Tawazun Holding e Emirates Advanced Invest Group[44]. EDIC è di proprietà della Mubadala Development Company[45], un fondo di investimento dell’Emirato di Abu Dhabi (60%) e di Tawazun Holding[46]. Nel novembre 2019, la holding è stata assorbita in EDGE Group[47] di proprietà del governo degli Emirati Arabi Uniti.
Il suo sistema offshore nasce con la Victorian International Enterprises Ltd., una società delle Isole Vergini britanniche cancellata nel 2016[48], che controllava una quota di Al Seer Marine[49], un’impresa di costruzioni navali di Abu Dhabi, la cui quota di maggioranza appartiene a IHC International Holding Company[50], una holding presieduta da Tahnoon stesso[51]. È il presidente di ADQ[52], una holding di Stato, possiede il 45% nella Louis Dreyfus Company (azienda agroalimentare con sede a Rotterdam)[53], è il presidente della First Abu Dhabi Bank[54], del Group42[55], un’azienda di cibernetica (coinvolta nello scandalo ToTok[56]), ed è presidente[57] della Aramis Partners Ltd.[58] , una società di investimenti con sede nel Dubai International Financial Centre.
È il presidente del Royal Group[59] (media, commercio, finanziario, immobiliare, produzione, edilizia, tecnologia informatica, istruzione, intrattenimento, sanità, ospitalità, robotica, scienza ed altro[60]) ed è amministratore delegato[61] della Emirates Foundation[62], ha fondato e gestisce la Advanced Science and Innovation Company, una società che si occupa di nuove tecnologie[63], e per il weekend possiede lo yacht Maryah[64] di 121,5 metri e del valore di 250 milioni di dollari[65]. Sua moglie Khawla Ahmed Khalifa Alsuwaidi ha fondato alcune società nelle Isole Vergini allo scopo di acquistare segretamente degli immobili nel Regno Unito[66]: la Caldora Trading Ltd. Tortola[67], la Moonline Company II Ltd. Tortola[68] e la Spirea Associates Ltd. Tortola[69].
Khalifa bin Zayed al Nahyan è il presidente degli Emirati Arabi Uniti e sovrano di Abu Dhabi, è considerato da Forbes uno degli uomini più ricchi del mondo: oltre a controllare 97,8 miliardi di barili di riserve, gestisce uno dei più grandi fondi patrimoniali sovrani, con un patrimonio dichiarato di 830 miliardi di dollari[70]. È il proprietario della SBK Holding Llc[71], e si occupa soprattutto di immobili: dal 1995 ha speso 2 milioni di dollari per acquistare più di 66 acri di terra sull’isola principale delle Seychelles, Mahé, dove è in costruzione il suo palazzo, possiede proprietà di lusso a Londra per un valore di oltre 1,7 miliardi di dollari e possiede Azzam[72], lo yacht più lungo del mondo 590 piedi (180 m), con costi compresi tra 400 e 600 milioni di dollari all’anno. La fiduciaria panamense Mossack y Fonseca ha gestito oltre 30 sue società offshore, attraverso le quali detiene proprietà commerciali e residenziali in aree costose di Londra come Kensington e Mayfair[73]. Le acquisizioni immobiliari hanno raggiunto il valore di 5,5 miliardi di sterline[74].
Suo fratello Mansour bin Zayed bin Sultan bin Zayed bin Khalifa Al Nahyan è il vice primo ministro degli Emirati, il ministro degli affari presidenziali, è sposato con una figlia di Mohammed bin Rashid Al Maktoum, è finito nei guai perché coinvolto nello scandalo 1MDB[75], e perché il suo yacht Topaz sarebbe stato pagato con fondi rubati[76]. È nel consiglio di amministrazione del Supreme Council for Financial and Economic Affairs[77], della Abu Dhabi Investment Authority (ADIA)[78], è il presidente della Emirates Investment Authority[79], dal 2005 è consigliere d’amministrazione di Supreme Petroleum Council[80], membro del consiglio di amministrazione di Abu Dhabi National Oil Company (ADNOC)[81], ex presidente di IPIC, fondo sovrano poi assorbito nel 2017 da Mubadala Investment Company[82], presidente[83] della Emirates Investment Authority (EIA)[84] e della Abu Dhabi Food Control Authority[85], tutte agenzie governative che controllano la regolarità dei mercati finanziari ed agroalimentari, fatto che garantisce l’impossibilità delle indipendenza delle agenzie.
Il principe Mansour è il vicepresidente della fondazione Sheikh Zayed Charitable and Humanitarian Foundation[86], il presidente di Abu Dhabi Fund for Development[87], il vicepresidente di Mubadala Investment Company[88], ha una partecipazione del 32% in Virgin Galactic[89], ha investito 280 milioni di dollari nei voli spaziali per turisti[90]; possiede Abu Dhabi Media Investment Corporation, collabora con British Sky Broadcasting in Sky News Arabia, ed è il proprietario di Abu Dhabi United Group, una società di investimento costituita nel 2008 per guidare l’acquisizione del Manchester City Football Club[91], è il proprietario di Newton Investment and Development Llc e possiede lo yacht Topaz[92].
Mohammed Dahlan (sinistra), il killer del giornalista Jamal Khashoggi, ed il suo amico Mohammed Bin Zayed Al Nahyan (destra)[93]
Ma l’uomo più importante è un altro: Mohammed bin Zayed Al Nahyan, figlio di Zayed bin Sultan Al Nahyan, è il fratello dell’attuale sovrano Khalifa bin Zayed Al Nahyan, di cui erediterà il posto, quando sarà morto – per cui è l’uomo più potente degli Emirati e, forse, dell’intero Medio Oriente[94]. Ricopre la carica di Ministro della Difesa di Abu Dhabi e Capo di stato maggiore dell’aviazione militare degli Emirati, è a capo della Mubadala Investment Company, il fondo patrimoniale di Abu Dhabi[95], a capo dell’EDGE Group, è il CEO dell’ADNOC ed il proprietario dello yacht Rabdan[96].
È lui la persona che coordina le attività degli Al-Nahyan, gestisce le relazioni diplomatiche confidenziali[97], coordina la polizia segreta e diverse organizzazioni di mercenari, dirige la strategia delle aziende di guerra cibernetica, ed è il più grande mediatore d’armi legale del mondo ed uno degli sponsor principali di Donald Trump e dell’estrema destra suprematista americana[98]. È anche l’uomo che ha portato negli Emirati gli uomini d’affari più spregiudicati, pericolosi e di pessima reputazione del pianeta, che oggi, grazie ad oltre 19’000 società offshore, amministrano un patrimonio superiore ai 100 miliardi di dollari[99]. Ed è l’uomo che ha stretto una storica alleanza politica e militare – contemporaneamente – con Israele ed Iran[100].
La nuova capitale mondiale dell’oro e del riciclaggio
Sheikh Mohammed bin Rashid Al Maktoum (sinistra) e Mohamed Shakarchi (destra)[101]
Quando, circa 30 anni fa, l’emirato di Abu Dhabi ha iniziato a ragionare sul futuro dopo il petrolio, la famiglia Al-Maktoum ha investito nell’oro e nell’argento – realizzando una raffineria, la Emirates Gold DMCC, in grado di tramutare qualunque quantità di metalli, non importa di quale provenienza, in lingotti legali[102]. Per ottenere questo risultato, la famiglia Al-Maktoum ha invitato a Dubai Mahmoud Kassem Shakarchi, un uomo d’affari iracheno che, negli anni ’60, ha fatto i soldi in Libano con il contrabbando[103] e si è poi trasferito in Svizzera, dove ha fondato la Shakarchi Trading, una società commerciale finita in poco tempo nel mirino della magistratura italiana, e con i soldi guadagnati con quella prima esperienza hanno creato le prime raffinerie ticinesi, famose come strumento della criminalità organizzata mondiale[104].
Shakarchi si è circondato di persone influenti, come l’avvocato Hans W. Kopp, presidente del consiglio di amministrazione di Shakarchi Trading e marito della ministra federale della giustizia Elizabeth Kopp. Quando Hans è finito nei documenti dell’inchiesta penale, la moglie lo ha protetto e, successivamente, travolta dallo scandalo, è stata costretta a dimettersi – quando Shakarchi aveva oramai abbandonato la Svizzera per gli Emirati[105], mantenendo una raffineria legale, la Pamp di Castel San Pietro[106], ed un reticolo di società offshore, la cui capofila è lo Sharaf Trust di Nassau (Bahamas). Oggi la famiglia Shakarchi, guidata (dopo la morte del patriarca, nel 2012) dal figlio Marwan, è presente con il MKS Group in tutto il mondo: Turchia, Australia, Singapore, Thailandia, Malaysia, Stati Uniti, Svizzera, Cina e, ovviamente, negli Emirati[107]. La holding è alle Bahamas, la MKS Holding Ltd. Nassau[108], ed il gruppo serve tutti i maggiori trafficanti e contrabbandieri d’oro e d’argento del pianeta[109].
Per questo motivo, gli Emirati sono da anni un candidato alla watchlist dei paesi che sostengono il crimine organizzato[110], specie da quando le zone offshore negli Emirati sono divenute 39, sparse per tutto il territorio nazionale, ciascuna indipendente dalle altre[111], in modo che i capitali occulti diventano quasi impossibili da ricercare, anche con il sostegno di richieste di rogatoria giuridica internazionale[112]. Ma l’inserimento in queste liste non cambierebbe nulla: fino a quando la comunità internazionale non impedirà che esistano aree in cui persino le leggi sull’intangibilità militare delle nazioni sono senza valore, gli Emirati continueranno a crescere, a costruire basi militari in paesi stranieri[113] ed a inviare squadroni della morte, guidati da mercenari pronti a tutto, ovunque gli sceicchi sentano minacciati i loro sogni di potere[114].
[1] https://dukespace.lib.duke.edu/dspace/bitstream/handle/10161/104/Salahuddin%20MP%202006.pdf ; https://news.mongabay.com/2005/08/dubais-artificial-islands-have-high-environmental-cost/
[2] https://ibiworld.eu/2021/06/13/la-kafala-araba-una-schiavitu-pari-a-quella-dei-neri-nellamerica-sudista/
[3] https://digitalcommons.usf.edu/cgi/viewcontent.cgi?article=1302&context=jss
[4] https://digitalcommons.usf.edu/cgi/viewcontent.cgi?article=1302&context=jss
[5] https://fanack.com/qatar/history-of-qatar/rise-of-the-thani-family/
[6] https://www.tandfonline.com/doi/abs/10.1080/03068372708724956?journalCode=raaf19
[7] https://u.ae/en/more/history-of-the-uae
[8] https://u.ae/en/more/history-of-the-uae
[9] https://u.ae/en/more/history-of-the-uae
[10] https://www.geoexpro.com/articles/2011/03/the-abu-dhabi-oil-discoveries
[11] https://www.ice.it/it/mercati/emirati-arabi-uniti/informazioni-paese
[12] https://worldpopulationreview.com/world-cities/dubai-population
[13] https://www.elibrary.imf.org/view/journals/002/2005/268/article-A003-en.xml
[14] https://www.oasiscenter.eu/it/politica-economia-relazioni-internazionali-degli-emirati-arabi
[15] https://www.zawya.com/en/business/dubai-records-84-772-real-estate-transactions-worth-82bln-in-2021-dld-cc3lcm49
[16] https://www.sciencedirect.com/topics/computer-science/english-common-law
[17] https://www.difc.ae/about/
[18] https://wenr.wes.org/2018/08/education-in-the-united-arab-emirates
[19] https://www.pandorarivista.it/articoli/dubai-ultima-utopia-di-emanuele-felice/
[20] https://www.pandorarivista.it/articoli/dubai-ultima-utopia-di-emanuele-felice/
[21] https://www.pandorarivista.it/articoli/dubai-ultima-utopia-di-emanuele-felice/
[22] https://carnegieendowment.org/2020/07/07/political-economy-of-dubai-pub-82182
[23] https://autobizz.in/dubai-king-car-collection-king-sheikh-mohammed-bin-rashid-al-maktoum-car-collection/
[24] https://www.emirates.com/english/about-us/our-people/leadership-team/
[25] https://www.hitc.com/en-gb/2021/12/21/sheikh-mohammeds-net-worth-revealed-amid-550m-divorce-settlement/
[26] https://dubaiholding.com/en/
[27] https://www.jumeirah.com/en/jumeirah-group/about-jumeirah
[31] https://www.middleeastmonitor.com/20200610-dubai-ruler-incorporates-property-firm-meraas-into-dubai-holding/
[32] https://find-and-update.company-information.service.gov.uk/company/08167108
[34] https://www.clingendael.org/publication/dubai-ports-world-uae-foreign-policy-tool
[35] https://dubaimaritimecity.com/
[36] https://harraiyatimes.com/bitcoinprice/sheikh-mohammed-bin-rashid-al-maktoum-net-worth-2022/
[37] https://www.apollo.io/companies/Sheikh-Maktoum-Bin-Mohammed-Al-Maktoum-Investment-Group/5e578f78fefac200016043ba?chart=count
[38] https://www.almaktouminitiatives.org/en
[39] https://www.mbrsg.ae/home
[40] https://it.wikichamsoc.com/545638-mohammed-bin-rashid-al-maktoum-RRGIYK
[41] https://www.darley.com.au/about-us/introduction
[42] https://www.documentcloud.org/documents/21075169-axiom-telecom-llc-co-owned-by-sheikh-mohammed-was-owner-of-tandem-investco-limited
[43] https://www.middleeasteye.net/news/pandora-papers-uae-dubai-ruler-sheikh-mohammed-offshore-companies
[44] https://www.tellerreport.com/news/2019-10-14%E2%80%94%22Tahnoun-bin-zayed%22%E2%80%94-what-do-you-know-about-the-shadow-prince-in-the%20-uae%E2%80%93.BJ_22kMFr.html
[45] https://www.mubadala.com/
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[50] https://ihcuae.com/index.html
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[58] https://www.aramispartners.com/board_directors.html
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[75] https://www.pandorarivista.it/articoli/dubai-ultima-utopia-di-emanuele-felice/
[76] https://www.pandorarivista.it/articoli/dubai-ultima-utopia-di-emanuele-felice/
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[88] https://www.mubadala.com/en/who-we-are/board-of-directors
[89] https://www.breakingtravelnews.com/news/article/sheikh-mansour-buys-32-stake-in-virgin-galactic/
[90] https://www.breakingtravelnews.com/news/article/sheikh-mansour-buys-32-stake-in-virgin-galactic/
[91] https://www.cityfootballgroup.com/our-business/ownership/#:~:text=As%20the%20owner%20of%20the,Cups%20and%20an%20FA%20Cup.
[92] https://www.superyachtfan.com/yacht/a-plus/
[93] https://dctransparency.com/de/mohammed-dahlan-auftragsmoerder-fuer-den-koenig/
[94] Le-Lobby-Anti-Qatar-1.pdf (ibiworld.eu)
[95] https://www.mubadala.com/en/who-we-are/board-of-directors/his-highness-sheikh-mohamed-bin-zayed-al-nahyan
[96] https://gulfbusiness.com/uaes-adnoc-appoints-new-managing-director-restructures-to-form-executive-board-of-directors/
[97] https://ibiworld.eu/wp-content/uploads/2020/09/Le-Lobby-Anti-Qatar-1.pdf, Chapter 3.1
[98] Le-Lobby-Anti-Qatar-1.pdf (ibiworld.eu)
[99] https://www.ticc.nz/_files/ugd/bed789_550b2be8b3024ce9ae2c3a9a558ddeaa.pdf?index=true , pp. 21-30
[100] https://www.ft.com/content/ce09911b-041d-4651-9bbb-d2a16d39ede7
[101] https://www.lbma.org.uk/alchemist/issue-101/in-remembrance-mohamad-shakarchi
[102] http://www.emiratesgold.ae/ceo-message.html
[103] https://www.thenationalnews.com/business/mohamed-shakarchi-man-with-the-golden-touch-1.576402
[104] Pascal Auchlin, Frank Garbely, “Das Umfeld eines Skandals“, Wird Verlag, Zürich 1990; https://www.e-periodica.ch/cntmng?type=pdf&pid=sum-002:1991:17::145
[105] Res Strehle, “Damengambit – Die Frau im Bundesrat“, Limmat Verlag, Zürich 1985
[106] https://www.pamp.com/content/our-story
[107] MKS on Nexis
[108] https://opencorporates.com/companies/bs/163837B
[109] https://panamapapers.investigativecenters.org/drc/
[110] https://www.bloomberg.com/news/articles/2022-01-04/uae-faces-risk-of-inclusion-on-global-watchlist-over-dirty-money
[111] https://www.uaefreezones.com/UAEOffshore_Banking.html
[112] https://fsi.taxjustice.net/PDF/UnitedArabEmirates.pdf ; https://www.fatf-gafi.org/countries/u-z/unitedarabemirates/documents/mer-uae-2020.html ; https://www.internationalinvestment.net/news/4042837/uae-risk-joining-malta-fatf-grey-list-aml-concerns ; https://merip.org/2002/03/gray-money-corruption-and-the-post-september-11-middle-east/ ; https://www.tellerreport.com/news/2019-10-14%E2%80%94%22Tahnoun-bin-zayed%22%E2%80%94-what-do-you-know-about-the-shadow-prince-in-the%20-uae%E2%80%93.BJ_22kMFr.html
[113] https://ibiworld.eu/en/socotra-the-last-wonderful-enchanted-island/
[114] https://ibiworld.eu/en/mohammed-dahlan-assassin-for-the-king/ ; https://ibiworld.eu/en/good-brother-and-bad-brother-how-the-al-nahyan-dynasty-hides-its-true-face/ ; https://ibiworld.eu/en/al-shabaab-the-sword-of-damocles-over-somalia/
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